La vita nel castello: il Castellano

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All’interno dell’area montana lucchese la difesa era spesso affidata alla nobiltà locale che, insediata sul territorio, poteva agilmente gestire le necessità militari, sfruttando però uomini non addestrati, ovvero gli stessi sudditi.
Non appena il Comune di Lucca ebbe il controllo dell’intero contado, tra XII e XIII secolo, impose le proprie regole assoggettando gli antichi signori, ma al contempo lasciandoli nel controllo dei loro fortilizi. Una situazione poco efficace poiché i nobili tendevano a voler mantenere troppa autonomia. Perciò nel XIV secolo nasce la figura del castellano, stipendiato del Comune di Lucca che, non essendo radicato sul territorio, avrebbe garantito fedeltà.
Il castellano era nominato dal Consiglio degli Anziani fra gli uomini più meritevoli, veniva remunerato con cifre consistenti e non poteva rimanere in carica per più di tre mesi.
Il primo compito era quello di far redigere un inventario dei beni presenti nel castello perché se a fine mandato qualcosa fosse risultato mancante, egli stesso ne avrebbe risposto pagando una pesante multa. Una volta entrato nelle mura della piazzaforte era obbligato a rimanere segregato, tenendosi sempre pronto a lanciare segnali di pericolo, di notte con i fuochi, di giorno con il fumo. Non rispondere ai segnali di pericolo era considerata una colpa grave e veniva condannata pesantemente. Uscire senza permesso era un atto di tradimento gravissimo che nelle circostanze più gravi portava alla pena di morte. Per estrema necessità, il castellano poteva al massimo fare uscire uno dei sergenti, ma anche in questo caso esistevano restrizioni.
Altro compito del castellano era quello di controllare le derrate alimentari che venivano fornite dal governo e che queste non fossero portate al di fuori della rocca. Poiché il cibo doveva essere cotto all’interno dei recinti fortificati, era obbligato a sovrintendere al funzionamento del forno, e per ogni “testa” presente nel fortilizio doveva essere sempre a disposizione una quantità minima di farina di grano pari a due staia. Il castellano, inoltre, doveva far sì che non si praticasse alcun gioco d’azzardo, non per questioni morali, quanto perché spesso ne nascevano liti che in molti casi degeneravano in risse con nefaste conseguenze.
Terminato il periodo di mandato, il castellano doveva attendere l’arrivo del sostituto. Per garantire che costui non fosse un impostore, il governo degli Anziani aveva escogitato un sistema piuttosto ingegnoso: al momento della nomina, infatti, veniva fatta firmare una pergamena che poi veniva strappata in due. Un pezzo era affidato al castellano, l’altra parte era invece conservata in una cassaforte fornita di due chiavi, custodite dal Vessillifero di Giustizia e dal Precettore del Collegio degli Anziani del Comune di Lucca. Questo ultimo pezzo di cartapecora veniva affidato al nuovo castellano e solo nel caso in cui i due frammenti avessero combaciato perfettamente, il nuovo incaricato avrebbe potuto accedere al servizio.